Visti qui dal treno, i palazzi sono tremendi. C'è gente che ci abita dentro, ma a vederli da fuori pare che siano paesaggio, con le loro facciate colorate a nascondere col loro appiattimento il sopruso alle leggi del buon gusto. Cubi di cemento, cubi di vetro e acciaio coi balconi colorati, cubi, parallelepipedi. Centro commerciale, supermercato del fai-da-te, vivaio di piante esotiche che per far sopravvivere tengono sotto le lampade. Altri condomini, alti, bassi, grassi. Perché non ne fanno uno a piramide, con il tetto di platica, e una grande luce colorata in punta? Magari è meglio se non lo penso, se le mie onde cerebrali, che certo esistono, li raggiungeranno, può darsi che si mettano in testa di costruirlo per davvero. Dio non voglia. Come fa la gente a non diventare piatta e noiosa, se vive in posti come questo. Periferie d' capoluoghi di provincia. Come fa la gente a non avere voglia di chiudersi in casa davanti alla tivù, con le imposte chiuse? Come fa a non gonfiarsi il fegato di birra cattiva il sabato sera? Nessuno ha soldi per andare a vivere da nessun'altra parte. Ecco perché vivono qui. Non sono cattivi, sono solo poveri, ma alla lunga gli sfortunati sono antipatici, e l'uomo è un animale programmato per vincere, per celebrare, non per contemplare le sue miserie.
Ma ecco che ecco vedo spuntare un cratere, il sito di un'enorme esplosione.
Qui è esplosa una bomba dieci anni fa signore. Non hanno mai scoperto il colpevole. La polizia ha cercato negli ambienti anarchici, hanno arrestato qualche ragazzino col cane e tanta voglia di prender botte, ma non ne hanno fatto nulla. No signore, per una volta sono stati più intelligenti loro. Sì signore era vuoto, avevano appena finito di costruirlo, tanta gente aveva già pagato per comprare gli appartamenti, tutti funzionali, tutti con vista signore. Sì, anche dal'altro lato, dove si vedono le montagne imbiancate di neve. Come dice signore? Anche d'estate? Certo, anche d'estate, abbiamo delle nevi perenni da queste parti, dovrebbe andare a sciare una volta o l'altra. Era un bel palazzo sa, l'aveva progettato un architetto venuto apposta dalla capitale, un appalto come si deve. Soldi della mafia? Ma no, che dice? Qui la mafia non è arrivata mai, c'è qualche cinese, ma non ci facciamo caso, e poi il cibo cinese, a piccole dosi, è una variazione, non c'è mai molto da fare qui. Forse chi l'ha fatto saltare si annoiava? Forse sì signore, ma una mancanza di rispetto così...non c'è più religione, questi ragazzi non si confessano neanche più.
Il treno passa tra due strisce di muri, nella pancia di una piccola valle, e poi riemerge in cima alla collina, dove le case di periferia sono finite e c'è solo campagna tutt'intorno, il verde, l'arancio e il bruno della terra. Ormai la terra non la coltiva più nessuno, dicono, eppure io vedo solo campi. Non ci hanno ancora messo i robot, ma forse coi trattori è la stessa cosa.
Mi piacerebbe vivere al mare, questa valla mi annoia, ma resto qui. So che sono io a decidere di non andarmene. Come si fa ad lasciare? Qui ci sono tutte le persone che contano qualcosa per me. Non potrei mai. Non sono perfetti, certo, ma sono i miei amici, la mia famiglia. Sento sempre questa stretta al cuore, che mi strizza tra una costola e l'altra, non sto morendo, ma sarebbe perfettamente plausibile che invece sì e non me ne accorgessi. Non moriamo tutti giorno dopo giorno? Devo ricordarmi di fumare di più.
Oggi questo colore mi dà fastidio agli occhi, il cretino che ha detto che il verde riposa, dovrebbe rimangiarsi la sua cazzo di teoria. Qualunque colore, se ripetuto all'infinito fa male alla testa. Fa male alla salute mentale.
Ancora campi, e una grande cascina che si fa più grande quando il treno si avvicina. Bruciata, completamente annerita, il tetto crollato.
Era l'edificio più vecchio nelle campagne. Pare che l'avesse fatta costruire per i suoi contadini nel settecento un marchese. Sa, quei tipi illuminati, quella gente avanti rispetto ai loro tempi, che gli aveva insegnato a scrivere e a far di conto, e che aveva adottato come figli suoi alcuni orfani. Le dico, una cosa incredibile per l'epoca. Nel villaggio vicino tutto porta il suo nome, il museo municipale, la piazza, il bar-pasticceria. È tutto quello che questa gente aveva e un gesto folle, sa come sono i piromani? Gli piace il fuoco, gli piace come bruciano le cose, la luce, l'odore dell'ossidazione da calore. Io, un piromane? Oh, no, signore, ho imparato tutte queste cose perchè mio figlio da piccolino bruciava le cose. Quando mi ha dato fuoco al garage, abbiamo deciso di portarlo da uno psicologo. Oh, no, adesso, sta bene, è sposato e ha due figli. Vive in Svizzera, non lo vediamo mai.
Il treno si ferma in una piccola stazione, dove il binario è fiancheggiata dai pioppi. Un'opera rispettabile, senza pretese, fatta per caricare i quattro gatti che abitano sul villaggio sopra una collina. Far deviare il treno costava troppo, così i poveri diavoli che ci vivono si devono fare mezz'ora di salita a piedi se non hanno amici dotati di auto che li vanno a prendere. Un'altro sopruso, un'altro fallimento del pubblico e del privato che vanno a braccetto. Il colore giallastro dell'erba che prende troppo poco sole in questi inverni nuvolosi mi fa venire la nausea. Questo posto Dio non l'ha fatto, ha vomitato dopo che aveva mangiato troppo durante il pranzo trionfale il settimo giorno. O forse semplicemente, ha scordato di mettere un cartello con scritto, qui non venite, lasciatelo agli animali e alle piante, ci ho messo un fiume, ma è sempre secco d'estate e straripa d'inverno. Serve a qualcosa solo un paio di mesi all'anno, che cosa ci volete fare? Sarà anche un Dio, ma dove sta scritto che è perfetto? Anche voi, che aspettative!
Poco dopo un'albergo ad ore, un minuto dopo che il treno riparte, sfregiato, sfigurato, un'enorme scritta “BORDELLO” in rosso campeggia sulla porta d'ingresso e su parte del muro, ben visibile dal treno.
Un mattino le puttane e il proprietario si svegliano dopo una notte di scarso lavoro e lo hanno trovato così, signore. Chiunque quel bastardo sia stato, è stato maledettamente veloce. Deve aver silenziato le bombolette spray, o deve essere stato un gruppo, anche se la polizia dice di aver trovato impronte di un solo paio di scarpe da ginnastica. Ma lo sa com'è intorno a quel tipo di posti, la gente che è stata lì non vuole che si sappia, preferisce lasciar perdere, difendere l'onore delle puttane è un'ossimoro se mi permette signore. In ogni caso le donne del paese, indignate, hanno fatto pressioni affinché le autorità lo chiudessero ora che il non ammesso era diventato manifesto.
Che cosa ne penso io, signore? Penso che tutti abbiamo i nostri vizi, è solo che ad alcuni fanno una pubblicità migliore, se capisce cosa intendo.
Il treno rallenta prima di raggiungere il suo capolinea, al fondo della valle.
Il mio paese.
Una volta era un resort sciistico, per pochi eletti che potevano permettersi l'attrezzatura, e venivano qui dalle grandi città. Ma le piste sono strette e piene di pietre, e le nuove attrezzature sono fatte per rompersi e non per durare. Per gli sci di oggi sono meglio quelle ampie e belle dove hanno fatto lo sci alpino delle Olimpiadi vent'anni fa.
Qui lo ski-lift c'è ancora, ma nessuno viene più qui apposta. I prezzi sono alti per quanto fa schifo, e lo usiamo solo noi, per non morire di noia d'inverno. Da piccolo mi sono piazzato terzo nello slalom organizzato dalla scuola. Nella mia categoria eravamo in quattro e il quarto pesava novantun chili a dodici anni. Niente trionfalismi direi. Avessimo almeno una squadra di calcio, o che so, di hockey, decente. Non che non ci siano, ma fanno pena. Il treno rallenta ancora, per affrontare l'ultima curva in salita dopo la quale, lo so, vedrò la stazione. La gente si alza per prendere le cose dalle cappelliere.
Io per tutto il tempo ho tenuto in mano un fiore. Non era per te, ma te lo darò lo stesso. Non farmi domande, non chiedermi se quello che poserò sulla tua mano è il fiore che non ho buttato sulla tomba di Gian oggi pomeriggio. In un modo o nell'altro se arriverà a te, è perché a te era destinato. Credo in queste stronzate, perché non mi è rimasto molto altro, temo.
La stazione davanti a me si delinea stretta e lunga, e io mi concentro sulle crepe nei pochi muri rimasti in piedi e sulle macerie. Il binario è intatto, ma la stazione è solo un insieme di rovine.
Lo so, è triste, signore. Ormai sono anni che i treni qui non arrivano più. Hanno usato come pretesto il crollo. Sì, certamente, il terremoto, una tragedia. Nessun morto, no, le altre case del paese pochi danni, qualche crepa e niente più. La stazione invece è andata giù come fosse stata di sputi, sabbia e gomma da masticare. Architetti e fisici statici sono venuti a studiarla più volte, senza riuscire a spiegarselo, a volte, purtroppo, o per fortuna, ci sono eventi che la scienza non riesce ad afferrare. La gente del posto ormai o è emigrata, o ha un'automobile, o sono vecchi che da qui non vanno mai via. Si capisce che c'è il dottore. La scuola elementare e media riescono ancora a tenere aperto, si sono unite tre anni fa. Cosa ci vuol fare? Qui non ci vuol più vivere nessuno a quanto pare. Io? Oh, io sono il postino. Cioé, lo ero fino a qualche anno fa, ora sono in pensione. Ho consegnato lettere in questo posto per tutta una vita, ora mando email a mio figlio dal computer e sto perdendo la mia bella calligrafia. Come fa il postino ad andar via? Me lo dice lei? Ogni tanto prendo la bicicletta e vado per le vie, cercando di vedere se mi ricordo ancora i numeri dei vari portoni senza leggere. Me la cavo ancora benone. Quando avevo vent'anni questo posto aveva ventimila abitanti. C'era il liceo e l'istituto tecnico e l'alberghiero, e tre teatri che funzionavano quasi tutto l'anno. Oggi cinquemila anime. Gli altri mandano soldi ogni tanto, così che teniamo le vie pulite, e organizziamo la fiera all'epifania, cercando di far finta di niente. Perché non vado via? Oh, no. Non ho più voglia di vedere altre cose. Basta così. Faccio l'apicoltore a tempo perso. Proprio qui vicino alla stazione crollata. Se torna domani le regalo un vasetto di miele. Come? Riparte già domani. È proprio un peccato. Bè arrivederci, è stato un piacere parlare con lei.
E ora tu sei lì, in piedi sul binario che aspetti che io scenda dal treno. Sei bella, come sempre. Hai messo una sciarpa rossa, che ti dà un'aria anni settanta e che sai che mi piace. Sei stata sempre con me tutto il giorno, con quello che mi hai detto di Gian, e di come l'hanno fatto fuori come un cane solo perchè gli piacevano gli uomini. Al funerale eravamo più di quanti mi sarei aspettato, ma il sospetto è che sia solo un'onda di vergogna passeggera, e che lo rifarebbero domani senza grandi rimorsi. Lo so già che ti dispiace che non ti abbiano dato il permesso al lavoro e tu non sia riuscita a venire. Me lo dirai lo stesso quando scenderò dal treno, e io sorriderò.
Il tuo odio per questa valle, mi ha sempre sconvolto, scandalizzato. Come si può odiare un luogo? Un luogo è una cosa neutra. Si può odiare una stanza, pensavo, ma una valle intera mi sembrava troppo. Oggi il tuo odio l'ho sentito sulla pelle come puntura di mille insetti, mi ha fatto desiderare di farla a pezzi come tributo a te. Oggi ho finalmente capito che cosa intendevi tutte le volte che mi dicevi che qui è possibile fare una cosa sola.
Quella cosa è morire.Per la prima volta ti ho sentito dire che te ne volevi andare, tu che avevi sempre detto di voler lottare.
Sarà per questo che oggi per tutto il viaggio ho immaginato di tornare, anni dopo aver distrutto questa valle, e, salendo in autobus, parlare con qualcuno invecchiato qui. Tornare dopo averla risvegliata da quest'aria di monumento al nulla. So che in nessun caso potrei scatenare un terremoto, ma la mia rabbia oggi è tale, che mi è parso un evento del tutto naturale.
“Il mondo è andato avanti, ma voi siete rimasti in questa cazzo di valle” mi piacerebbe poter dire, al posto di esserci restato in trappola anche io. Verrei e scatterei fotografie a tutte le testimonianze della mia distruzione. Berrei una birra con quei tre o quattro amici rimasti sul posto, e poi riprenderei l'autobus, per tornare da te e non vedere questo posto mai più.
you want to
you said you didn't want to
it makes me feel bad
because I could never bring you
you want to
you wanted to
but never dared to
you want to now
ut I've been waiting for a long time
we will never follow suit
we will never follow suit
we will always stay off route
[da Never Follow Suit, traccia numero 5 dell'album Clinging to a Scheme dei Radio Dept., uscito nell'agosto 2010 su etichetta Merge]
foto da flickr.com, utente Darkroom Daze, Time to Leave
scritto da Alberto Lioy tra il 23 e il 28 gennaio 2013
Ma ecco che ecco vedo spuntare un cratere, il sito di un'enorme esplosione.
Qui è esplosa una bomba dieci anni fa signore. Non hanno mai scoperto il colpevole. La polizia ha cercato negli ambienti anarchici, hanno arrestato qualche ragazzino col cane e tanta voglia di prender botte, ma non ne hanno fatto nulla. No signore, per una volta sono stati più intelligenti loro. Sì signore era vuoto, avevano appena finito di costruirlo, tanta gente aveva già pagato per comprare gli appartamenti, tutti funzionali, tutti con vista signore. Sì, anche dal'altro lato, dove si vedono le montagne imbiancate di neve. Come dice signore? Anche d'estate? Certo, anche d'estate, abbiamo delle nevi perenni da queste parti, dovrebbe andare a sciare una volta o l'altra. Era un bel palazzo sa, l'aveva progettato un architetto venuto apposta dalla capitale, un appalto come si deve. Soldi della mafia? Ma no, che dice? Qui la mafia non è arrivata mai, c'è qualche cinese, ma non ci facciamo caso, e poi il cibo cinese, a piccole dosi, è una variazione, non c'è mai molto da fare qui. Forse chi l'ha fatto saltare si annoiava? Forse sì signore, ma una mancanza di rispetto così...non c'è più religione, questi ragazzi non si confessano neanche più.
Il treno passa tra due strisce di muri, nella pancia di una piccola valle, e poi riemerge in cima alla collina, dove le case di periferia sono finite e c'è solo campagna tutt'intorno, il verde, l'arancio e il bruno della terra. Ormai la terra non la coltiva più nessuno, dicono, eppure io vedo solo campi. Non ci hanno ancora messo i robot, ma forse coi trattori è la stessa cosa.
Mi piacerebbe vivere al mare, questa valla mi annoia, ma resto qui. So che sono io a decidere di non andarmene. Come si fa ad lasciare? Qui ci sono tutte le persone che contano qualcosa per me. Non potrei mai. Non sono perfetti, certo, ma sono i miei amici, la mia famiglia. Sento sempre questa stretta al cuore, che mi strizza tra una costola e l'altra, non sto morendo, ma sarebbe perfettamente plausibile che invece sì e non me ne accorgessi. Non moriamo tutti giorno dopo giorno? Devo ricordarmi di fumare di più.
Oggi questo colore mi dà fastidio agli occhi, il cretino che ha detto che il verde riposa, dovrebbe rimangiarsi la sua cazzo di teoria. Qualunque colore, se ripetuto all'infinito fa male alla testa. Fa male alla salute mentale.
Ancora campi, e una grande cascina che si fa più grande quando il treno si avvicina. Bruciata, completamente annerita, il tetto crollato.
Era l'edificio più vecchio nelle campagne. Pare che l'avesse fatta costruire per i suoi contadini nel settecento un marchese. Sa, quei tipi illuminati, quella gente avanti rispetto ai loro tempi, che gli aveva insegnato a scrivere e a far di conto, e che aveva adottato come figli suoi alcuni orfani. Le dico, una cosa incredibile per l'epoca. Nel villaggio vicino tutto porta il suo nome, il museo municipale, la piazza, il bar-pasticceria. È tutto quello che questa gente aveva e un gesto folle, sa come sono i piromani? Gli piace il fuoco, gli piace come bruciano le cose, la luce, l'odore dell'ossidazione da calore. Io, un piromane? Oh, no, signore, ho imparato tutte queste cose perchè mio figlio da piccolino bruciava le cose. Quando mi ha dato fuoco al garage, abbiamo deciso di portarlo da uno psicologo. Oh, no, adesso, sta bene, è sposato e ha due figli. Vive in Svizzera, non lo vediamo mai.
Il treno si ferma in una piccola stazione, dove il binario è fiancheggiata dai pioppi. Un'opera rispettabile, senza pretese, fatta per caricare i quattro gatti che abitano sul villaggio sopra una collina. Far deviare il treno costava troppo, così i poveri diavoli che ci vivono si devono fare mezz'ora di salita a piedi se non hanno amici dotati di auto che li vanno a prendere. Un'altro sopruso, un'altro fallimento del pubblico e del privato che vanno a braccetto. Il colore giallastro dell'erba che prende troppo poco sole in questi inverni nuvolosi mi fa venire la nausea. Questo posto Dio non l'ha fatto, ha vomitato dopo che aveva mangiato troppo durante il pranzo trionfale il settimo giorno. O forse semplicemente, ha scordato di mettere un cartello con scritto, qui non venite, lasciatelo agli animali e alle piante, ci ho messo un fiume, ma è sempre secco d'estate e straripa d'inverno. Serve a qualcosa solo un paio di mesi all'anno, che cosa ci volete fare? Sarà anche un Dio, ma dove sta scritto che è perfetto? Anche voi, che aspettative!
Poco dopo un'albergo ad ore, un minuto dopo che il treno riparte, sfregiato, sfigurato, un'enorme scritta “BORDELLO” in rosso campeggia sulla porta d'ingresso e su parte del muro, ben visibile dal treno.
Un mattino le puttane e il proprietario si svegliano dopo una notte di scarso lavoro e lo hanno trovato così, signore. Chiunque quel bastardo sia stato, è stato maledettamente veloce. Deve aver silenziato le bombolette spray, o deve essere stato un gruppo, anche se la polizia dice di aver trovato impronte di un solo paio di scarpe da ginnastica. Ma lo sa com'è intorno a quel tipo di posti, la gente che è stata lì non vuole che si sappia, preferisce lasciar perdere, difendere l'onore delle puttane è un'ossimoro se mi permette signore. In ogni caso le donne del paese, indignate, hanno fatto pressioni affinché le autorità lo chiudessero ora che il non ammesso era diventato manifesto.
Che cosa ne penso io, signore? Penso che tutti abbiamo i nostri vizi, è solo che ad alcuni fanno una pubblicità migliore, se capisce cosa intendo.
Il treno rallenta prima di raggiungere il suo capolinea, al fondo della valle.
Il mio paese.
Una volta era un resort sciistico, per pochi eletti che potevano permettersi l'attrezzatura, e venivano qui dalle grandi città. Ma le piste sono strette e piene di pietre, e le nuove attrezzature sono fatte per rompersi e non per durare. Per gli sci di oggi sono meglio quelle ampie e belle dove hanno fatto lo sci alpino delle Olimpiadi vent'anni fa.
Qui lo ski-lift c'è ancora, ma nessuno viene più qui apposta. I prezzi sono alti per quanto fa schifo, e lo usiamo solo noi, per non morire di noia d'inverno. Da piccolo mi sono piazzato terzo nello slalom organizzato dalla scuola. Nella mia categoria eravamo in quattro e il quarto pesava novantun chili a dodici anni. Niente trionfalismi direi. Avessimo almeno una squadra di calcio, o che so, di hockey, decente. Non che non ci siano, ma fanno pena. Il treno rallenta ancora, per affrontare l'ultima curva in salita dopo la quale, lo so, vedrò la stazione. La gente si alza per prendere le cose dalle cappelliere.
Io per tutto il tempo ho tenuto in mano un fiore. Non era per te, ma te lo darò lo stesso. Non farmi domande, non chiedermi se quello che poserò sulla tua mano è il fiore che non ho buttato sulla tomba di Gian oggi pomeriggio. In un modo o nell'altro se arriverà a te, è perché a te era destinato. Credo in queste stronzate, perché non mi è rimasto molto altro, temo.
La stazione davanti a me si delinea stretta e lunga, e io mi concentro sulle crepe nei pochi muri rimasti in piedi e sulle macerie. Il binario è intatto, ma la stazione è solo un insieme di rovine.
Lo so, è triste, signore. Ormai sono anni che i treni qui non arrivano più. Hanno usato come pretesto il crollo. Sì, certamente, il terremoto, una tragedia. Nessun morto, no, le altre case del paese pochi danni, qualche crepa e niente più. La stazione invece è andata giù come fosse stata di sputi, sabbia e gomma da masticare. Architetti e fisici statici sono venuti a studiarla più volte, senza riuscire a spiegarselo, a volte, purtroppo, o per fortuna, ci sono eventi che la scienza non riesce ad afferrare. La gente del posto ormai o è emigrata, o ha un'automobile, o sono vecchi che da qui non vanno mai via. Si capisce che c'è il dottore. La scuola elementare e media riescono ancora a tenere aperto, si sono unite tre anni fa. Cosa ci vuol fare? Qui non ci vuol più vivere nessuno a quanto pare. Io? Oh, io sono il postino. Cioé, lo ero fino a qualche anno fa, ora sono in pensione. Ho consegnato lettere in questo posto per tutta una vita, ora mando email a mio figlio dal computer e sto perdendo la mia bella calligrafia. Come fa il postino ad andar via? Me lo dice lei? Ogni tanto prendo la bicicletta e vado per le vie, cercando di vedere se mi ricordo ancora i numeri dei vari portoni senza leggere. Me la cavo ancora benone. Quando avevo vent'anni questo posto aveva ventimila abitanti. C'era il liceo e l'istituto tecnico e l'alberghiero, e tre teatri che funzionavano quasi tutto l'anno. Oggi cinquemila anime. Gli altri mandano soldi ogni tanto, così che teniamo le vie pulite, e organizziamo la fiera all'epifania, cercando di far finta di niente. Perché non vado via? Oh, no. Non ho più voglia di vedere altre cose. Basta così. Faccio l'apicoltore a tempo perso. Proprio qui vicino alla stazione crollata. Se torna domani le regalo un vasetto di miele. Come? Riparte già domani. È proprio un peccato. Bè arrivederci, è stato un piacere parlare con lei.
E ora tu sei lì, in piedi sul binario che aspetti che io scenda dal treno. Sei bella, come sempre. Hai messo una sciarpa rossa, che ti dà un'aria anni settanta e che sai che mi piace. Sei stata sempre con me tutto il giorno, con quello che mi hai detto di Gian, e di come l'hanno fatto fuori come un cane solo perchè gli piacevano gli uomini. Al funerale eravamo più di quanti mi sarei aspettato, ma il sospetto è che sia solo un'onda di vergogna passeggera, e che lo rifarebbero domani senza grandi rimorsi. Lo so già che ti dispiace che non ti abbiano dato il permesso al lavoro e tu non sia riuscita a venire. Me lo dirai lo stesso quando scenderò dal treno, e io sorriderò.
Il tuo odio per questa valle, mi ha sempre sconvolto, scandalizzato. Come si può odiare un luogo? Un luogo è una cosa neutra. Si può odiare una stanza, pensavo, ma una valle intera mi sembrava troppo. Oggi il tuo odio l'ho sentito sulla pelle come puntura di mille insetti, mi ha fatto desiderare di farla a pezzi come tributo a te. Oggi ho finalmente capito che cosa intendevi tutte le volte che mi dicevi che qui è possibile fare una cosa sola.
Quella cosa è morire.Per la prima volta ti ho sentito dire che te ne volevi andare, tu che avevi sempre detto di voler lottare.
Sarà per questo che oggi per tutto il viaggio ho immaginato di tornare, anni dopo aver distrutto questa valle, e, salendo in autobus, parlare con qualcuno invecchiato qui. Tornare dopo averla risvegliata da quest'aria di monumento al nulla. So che in nessun caso potrei scatenare un terremoto, ma la mia rabbia oggi è tale, che mi è parso un evento del tutto naturale.
“Il mondo è andato avanti, ma voi siete rimasti in questa cazzo di valle” mi piacerebbe poter dire, al posto di esserci restato in trappola anche io. Verrei e scatterei fotografie a tutte le testimonianze della mia distruzione. Berrei una birra con quei tre o quattro amici rimasti sul posto, e poi riprenderei l'autobus, per tornare da te e non vedere questo posto mai più.
you want to
you said you didn't want to
it makes me feel bad
because I could never bring you
you want to
you wanted to
but never dared to
you want to now
ut I've been waiting for a long time
we will never follow suit
we will never follow suit
we will always stay off route
[da Never Follow Suit, traccia numero 5 dell'album Clinging to a Scheme dei Radio Dept., uscito nell'agosto 2010 su etichetta Merge]
foto da flickr.com, utente Darkroom Daze, Time to Leave
scritto da Alberto Lioy tra il 23 e il 28 gennaio 2013